Negli ultimi cinque anni le persone colpite da questa malattia che nei casi peggiori può portare a conseguenze gravissime come la cecità o l’amputazione di arti sono aumentate dell’11 per cento. Le cifre, diffuse alla conferenza internazionale sul diabete a Città del Messico, indicano che ora i diabetici nel mondo sono 151 milioni. E l’Italia è uno dei dieci Paesi maggiormente colpiti.
Le cause principali, secondo i medici, vanno viste nella mancanza di esercizio fisico e in un’alimentazione poco sana.
“Possiamo già prevedere – ha detto George Alberti, presidente della Federazione internazionale dei diabetici – che nei prossimi 25 anni ci sarà una nuova, brusca accelerata”.
Quel che più preoccupa i medici è il fatto che i nuovi casi riguardano soprattutto persone giovani, quelle più produttive dal punto vista economico, mentre un tempo questa malattia era diffusa principalmente in età avanzata.
Dal congresso è emerso che oggi più di metà dai malati di diabete hanno un età compresa tra i 20 e i 59 anni.
La causa principale di questo mutamento è l’urbanizzazione, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Questo almeno è quanto sostengono gli autori del “Atlante del diabete 2000” pubblicato dalla Federazione internazionale dei diabetici e presentato come la prima opera di questo tipo al mondo.
I 10 Paesi maggiormente colpiti dal diabete sono:
- India (32,7 milioni di ammalati tra i 20 e i 79 anni)
- Cina (22,6 milioni)
- Stati Uniti (15,3 milioni)
- Pakistan (8,8 milioni)
- Giappone (7,1 milioni)
- Indonesia (5,7 milioni)
- Messico (4,4 milioni)
- Egitto (3,4 milioni)
- Brasile (3,3 milioni)
- Italia (3,1 milioni)
Gli autori hanno analizzato l’epidemiologia del diabete nel mondo, mettendola in relazione alle statistiche demografiche e agli indicatori socioeconomici.
“Alcuni studi – ha spiegato Alberti – tra gli indoamericani mostrano una stretta associazione tra il diabete di tipo 2 e il miglioramento delle condizioni di vita e l’occidentalizzazione”.
Il diabete è la quarta o quinta causa di morte nella maggioranza dei Paesi sviluppati. Se non curato può portare alle cecità, all’insufficienza renale, a ictus e attacchi di cuore e all’amputazione di arti.
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