Recentemente, molti quotidiani europei si sono occupati di un fenomeno che si sta diffondendo per tutto il continente: il progressivo disinteresse dimostrato dai più giovani nei confronti della pratica sportiva.
Pare che gli adolescenti non trovino più stimolante impegnarsi nel nuoto o nell’atletica leggera, nel calcio o nella pallavolo.
Da un punto di vista sociologico e salutistico, il dato è preoccupante; sociologicamente il fenomeno indica il rifiuto di un modello, quello che assegna allo sport il ruolo di sostituto del gioco nella fase evolutiva dei bambini che crescendo diventano ragazzi e di ragazze. In altre parole, viene a mancare quella valvola di sfogo per l’aggressività che nell’età infantile è rappresentata da corse, salti, schermaglie fisiche e successivamente dallo sport. Non meno gravi le conseguenze dal punto di vista della salute: la mancanza di movimento fisico provoca obesità e altre patologie pronte a scatenarsi non appena il giovane raggiunge l’età adulta.
Bisogna fare qualcosa
Si sa che è difficile invertire le tendenze di massa, ma qualcosa si può e si deve fare, anche nel nostro Paese, che non è certo immune da questo pericoloso rifiuto dello sport. E non bastano certo i recenti successi italiani nel nuoto da parte di giovani e giovanissimi: dietro questi pochi fenomeni c’è quasi il vuoto.
Federica Pellegrini e Alessia Filippi rischiano di diventare eccezioni che confermano una regola. E nell’atletica leggera, per esempio, la mancata conquista di una sola medaglia di bronzo da parte della squadra nazionale italiana ai recenti Mondiali di Berlino è una conferma senza eccezioni: nonostante il successo mediatico ottenuto nel nostro Paese di atleti-personaggi come il giamaicano Usain Bolt, campione dei 100 e dei 200 metri, pare proprio che di giovani e giovanissimi disposti a seguirne le orme, in Italia almeno, ce ne siano proprio pochi.
Inevitabile ricordare con una certa nostalgia quei “Giochi della Gioventù” che dal 1968 al 1996 avviarono alla pratica atletica migliaia di giovani in tutta Italia, fra i quali brillarono le stelle che hanno illuminato i successi olimpici italiani in questa disciplina.
Un Paese di “pigroni”
Giovani a parte, qual è il rapporto degli italiani con lo sport praticato? Secondo i parametri dell’Unione Europea, siamo i “pigroni” d’Europa: il 41% dei nostri connazionali è definibile come “assolutamente sedentario”, categoria che in Finlandia raggiunge appena il 7%. Fra questi due estremi, tutto il resto del continente. Davvero un brutto primato.
Ma tornando a occuparci dei giovani italiani in età scolastica ecco la conferma di quanto affermato in precedenza: se a 11 anni il 65% degli alunni risulta praticare anche occasionalmente almeno uno sport, a 14 il dato scende al 61% e a 18 al 57%, l’indice più basso d’Europa.
Ancora qualche dato
Sono il 25,5% i giovani italiani che non hanno mai praticato uno sport e non hanno alcuna intenzione di farlo. Sicuramente, una parte di responsabilità deve essere addossata all’organizzazione scolastica, che in Italia prevede soltanto 810 ore di educazione fisica a ciclo (2.600 in Francia, 1.500 in Austria, 1.440 in Germania, tanto per abbozzare qualche confronto).
Ma non tutte le colpe possono essere attribuite alle istituzioni: se la scuola non aiuta, almeno confortante si può definire l’intervento degli Enti locali che nel 2008 hanno speso 2.013 milioni di euro per la costruzione e la gestione di impianti sportivi, che sono 5.000 in più rispetto al 1996.
La mancanza di tempo per motivi di studio
Interessante può essere, in questa ricerca di cause, analizzare i motivi che spingono un giovane che ha intrapreso un’attività sportiva ad abbandonarla dopo un breve periodo: la ragione (oltre il 50% dei casi) pare essere una sola, cioè la mancanza di tempo per motivi essenzialmente di studio. Problemi di salute, di famiglia, economici e altri sono in pratica statisticamente inesistenti. Certo, un’organizzazione scolastica come quella statunitense, nella quale sia la High School sia l’Università tengono in grande considerazione la pratica sportiva e valutano i successi sportivi quasi alla pari di quelli di studio, potrebbe contribuire a risolvere in parte il problema (anche se poi l’efficacia del sistema è tutta da dimostrare a fronte dell’altissimo numero di persone sovrappeso o obese che si riscontrano oltreoceano). Ma senza progettare rivoluzioni o grandi cambiamenti epocali, forse le soluzioni sono più vicine a noi e, soprattutto, sono assai più facilmente praticabili.
Fitness: una soluzione semplice e salutare…
Dicevamo che nella stragrande maggioranza dei casi il motivo dell’abbandono di una pratica sportiva da parte di un giovane risiede nella mancanza di tempo per ragioni di studio. A questo motivo, possiamo aggiungere anche il tempo sprecato per recarsi agli allenamenti, che particolarmente nelle grandi città può essere un fattore determinante. Avere in casa, sempre a disposizione, uno o più attrezzi per il fitness, è la soluzione ideale del problema.
Sappiamo che, soprattutto fra i 14 e i 19 anni, lo sport è fondamentale per lo sviluppo psicofisico dei nostri figli. Conferire il giusto tono ai muscoli, incrementare la loro forza, contribuire subito alla normalizzazione delle posture sbagliate che si possono assumere durante le lunghe ore di studio (e conseguentemente evitare scoliosi, cifosi ecc.), non può che far bene a persone in fase di crescita. L’attività sportiva, inoltre, scarica l’aggressività e insegna ad autodeterminarsi, a darsi degli obiettivi.
È opinione comune che il fitness e gli attrezzi per praticarlo siano destinati a un’utilizzazione da parte di adulti alla ricerca del proprio benessere. Sbagliato! Questa pratica, al contrario, è adattissima anche per i più giovani, con le opportune accortezze che un fisico in formazione richiede. Per esempio, è opportuno privilegiare il sollevamento di carichi leggeri, che favoriscano lo sviluppo longilineo delle ossa e impediscano la formazione di un fisico dotato di muscoli ma inevitabilmente tarchiato.
… non solo per i nostri figli
La presenza fra le pareti domestiche di articoli per il fitness potrebbe finalmente convincere anche noi genitori a dare il buon esempio, ingaggiando simpatiche sfide proprio con i nostri figli. E contribuendo, con risultati concreti, a confutare quei dati che vogliono noi italiani come i “pigroni” d’Europa.
Vsb:t