Dalla seguitissima trasmissione televisiva “La prova del cuoco”, il noto chef Gianfranco Vissani ha lanciato verso la metà di dicembre un accorato appello: “Non mangiate il torrone soltanto a Natale: è una tipicità italiana che va gustata tutto l’anno, in tutte le sue molte varietà regionali”. Vediamo se anche dal punto di vista nutrizionale questo dolce merita così tanta attenzione.
Prima, però, cerchiamo di ripercorrere un po’ di storia del prodotto, precisando innanzitutto di cosa si tratta: si definisce torrone “un dolce preparato con miele, zucchero, albume d’uovo, mandorle, nocciole o pistacchi tostati, confezionato in lunghe stecche rivestite talvolta da una sottile ostia o anche da uno strato di cioccolato e può avere consistenza molto dura oppure morbida” (Dizionario della Lingua Italiana Devoto-Oli).
Pare che le sue origini appartengano alla riva non europea del Mediterraneo (Nordafrica, Asia Minore) e che la sua diffusione nel nostro continente si debba agli Arabi (non a caso il torrone è ancora oggi tradizionale in Italia e in Spagna, Paesi interessati dalle conquiste musulmane). Esistono trattati medievali nei quali si parla di un dolce chiamato “turun”, parola dal significato misterioso ma quasi sicuramente derivata da una radice indoeuropea “tur-“, che significa “tostare” (da cui anche “torrefazione”).
Si narra che l’investitura ufficiale del torrone come portata ambita e golosa dei pranzi di gala sia però coincisa con la sua comparsa nel menu del banchetto per il matrimonio fra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti, svoltosi a Cremona nel 1441. Singolare il fatto che il capoluogo lombardo sia tuttora uno dei maggiori centri di produzione di torrone in Italia.
Perché alcuni torroni sono duri ed altri morbidi?
Abbiamo visto che il torrone può essere duro o morbido, quest’ultimo più gradito ai bambini e alle persone anziane. Sono molti i fattori che causano questa differenza, legati soprattutto ai tempi di cottura dell’impasto. La cottura tradizionale può infatti spingersi fino alle dodici ore, avendo come risultato un prodotto friabilissimo, quasi cristallino, ma molto duro. Per ottenere invece il torrone morbido, la cottura non deve superare le due ore: la maggiore umidità residua dell’impasto garantisce una consistenza più tenera, simile a quella delle caramelle mou. Anche un proporzionalmente diverso rapporto fra i tipi di sostanze dolcificanti contenute nell’impasto (miele, saccarosio, sciroppo di glucosio) può determinare una maggiore o minore durezza.
Del tutto insignificanti invece, da questo punto di vista, la qualità della frutta secca tostata (nocciole, mandorle ecc.) e la presenza o meno di rivestimento di cioccolato.
Non sono propriamente da considerarsi torroni quei dolci, diffusi soprattutto in Sicilia e in Calabria, il cui impasto morbido è ottenuto da pasta di mandorle rivestita da una glassa di zucchero, con o senza ripieno di frutta secca; e quelli che come frutta secca utilizzano le arachidi.
Qualche curiosità
Prodotto in tutta Italia, il torrone assume a volte denominazioni locali. A Cologna Veneta (VR) si chiama “mandorlato di Cologna”, a Ospedaletto d’Alpinolo (AV) “cupeta”, a Caltanissetta “cubaita”. L’unico prodotto esclusivamente con miele, senza cioè zuccheri aggiunti, è quello che si produce a Tonara (NU), noto anche come “torrone di Barbagia”.
Il torrone, sbriciolato o frullato, può anche essere ingrediente di alcune ricette, come per esempio la charlotte di torrone, un semifreddo composto da crema pasticcera in cui si amalgama del torrone tritato, condito con salsa al cioccolato, interamente rivestito di savoiardi. Particolarmente utile per riutilizzare in modo creativo pezzetti di torrone avanzato è invece la torta di torrone, nella quale il nostro dolce – opportunamente sbriciolato – è amalgamato direttamente a un impasto lievitato composto da farina, uova e olio d’oliva, ovviamente senza aggiungere molto zucchero e cuocendolo per mezz’ora in forno a 180 gradi.
E le calorie?
Ci chiedevamo in apertura se anche dal punto di vista nutrizionale il torrone meritasse un invito a un maggior consumo. 100 grammi di torrone, una quantità in grado di soddisfare le esigenze di un buon goloso medio (specialmente quello duro è infatti molto leggero) contengono 450 calorie, 27 grammi di grassi, 52 di carboidrati. Rapportato ad altri dolci italiani, come per esempio il pandoro (che molti prediligono per la sua “leggerezza”) e che vanta lo stesso apporto calorico, ma più grassi e colesterolo, o a una classica crostata di marmellata o una altrettanto classica torta al cioccolato, il nostro torrone si difende bene. Il suo segreto? La mancanza di tuorlo d’uovo, le proprietà indiscusse della frutta secca, il potere dolcificante del miele. Seguiamo quindi il consiglio di Gianfranco Vissani e mangiamo pure, con moderazione, torrone tutto l’anno.
Vsb:t