Le festività natalizie non sono l’ideale per noi single. Anche se siamo completamente soddisfatti della nostra vita e delle nostre scelte, ciò non ci impedisce di sentirci un po’ a disagio. Tutto ci parla di famiglia, e per noi che una famiglia non l’abbiamo quello di Natale è proprio un periodo non certo negativo, ma quantomeno inquietante.
Come ben sa chiunque abbia un amico o un’amica single, è nella settimana dal 20 al 26 dicembre che è più probabile ricevere da lui o da lei una telefonata, alla ricerca di un po’ di atmosfera familiare. Giuro che non è stato per questo, però, che il 21 dicembre ho telefonato a Silvietta, una ex-compagna di liceo, con la quale periodicamente ci sentiamo. La mia intenzione era solo quella di farle gli auguri, e invece mi sono trovato a vivere una vigilia di Natale allucinante.
Ma andiamo con ordine: la chiamo, un po’ di chiacchiere e convenevoli, e poi la rivelazione: il suo matrimonio era andato a rotoli. Giampiero si era invaghito di una sua assistente all’università e le ultime notizie li davano per felicemente dispersi fra le nevi di St. Moritz in una appassionata fuga d’amore. Così Silvietta si trovava ad affrontare un involontario Natale da single. Decidere di mettere insieme le nostre solitudini non fu certo difficile, soprattutto perché Silvietta mi piaceva dai tempi del liceo e anche se erano passati più di vent’anni e non eravamo più ragazzini…
Chiarito che né a me né a lei piace spadellare e stressarsi in cucina, decidiamo dunque di accettare l’invito dei genitori di lei per la cena “di magro” della vigilia. I suoi “vecchi” sono una simpatica e affiatata coppia di ultresessantenni gaudenti e di libere vedute. Non si stupiscono quindi di vedere la figlia da sola, senza il marito (che peraltro a loro non era mai stato molto simpatico). E si stupiscono ancora meno di vederla con un vecchio compagno di scuola, ufficialmente presentato come non meglio precisato “amico”, per di più scrittore di una certa fama. A Natale bisogna essere più buoni e “più buoni” vuol dire anche non farsi troppe domande.
Due tradizioni culinarie a confronto…
Superato agevolmente l’ostacolo dei convenevoli con obbligatoria passata in rassegna delle fotografie di classe dei tempi del liceo, che la madre aveva gelosamente conservato, ci mettiamo a tavola, non prima di aver ascoltato con divertita attenzione la premessa alla cena che Giorgio, il capofamiglia, ha tenuto con grande serietà. “Il menu di questa sera è un menu speciale e importante, derivante dalla fusione di due tradizioni: io sono originario di Parma città, sono un cittadino a tutti gli effetti; Rosa, mia moglie, è anch’ella parmigiana, ma della campagna, laddove la pianura parmense si stempera nel Po e, sull’argine opposto, comincia la Lombardia con la provincia di Cremona. Usi e costumi delle nostre rispettive famiglie sono qui presentati in suggestiva unione, innaffiati da un vino ospite che parmigiano non è, ma ci ricorda la prima città in cui siamo andati a abitare dopo esserci sposati e dove è nata Silvietta: la città è Modena, e il vino è Sua Maestà il Lambrusco”. Questa la premessa, e d’ora in poi sarà tutto un muovere mandibole.
Perché la si chiami cena “di magro” questo proprio non me lo spiego. Manca la carne, è vero… ma tutto il resto c’è, e in abbondanza!
Cominciamo dagli antipasti: insalata russa (buonissima, composta da una maionese fatta in casa solo con uova fresche, olio extravergine di oliva, un pizzico di sale, un goccio d’aceto e tante verdurine lessate fatte pazientemente a dadini dalle mani d’oro di mamma Rosa). Poi, ottima ventresca di tonno sott’olio e acciughe pure sott’olio: entrambe acquistate in quella drogheria del centro che sarà pure un po’ più cara del supermercato, ma la qualità si sente, eccome… Una breve pausa defatigante, condita con chiacchiere sempre più allegre favorite dal Lambrusco che scorre nelle gole come il Po in piena, per accogliere il piatto forte della serata, del quale non avevo potuto evitare l’aroma, che mi aveva accolto già entrando in casa: baccalà fritto con la pastella! Straordinario, me ne scelgo due o tre pezzi dalla parte più sottile e croccante, la coda.
Ancora un po’ di riposo, con papà Giorgio che ci intrattiene cantando con voce tenorile una romanza dal “Nabucco” di Giuseppe Verdi (applausi a scena aperta) e si ricomincia. Ecco la crescenza con la Mostarda di Cremona: due gusti fatti per intendersi, una fusione di dolce e salato forte e delicata che ti fa interrogare sul perché questa specialità non abbia mai ottenuto il dovuto riconoscimento nella cucina internazionale.
E con questo, la cena si avvia verso la fine; d’altra parte, è più o meno mezzanotte. Sono quasi spaventato dall’arrivo in tavola del torrone: la mia passione, quello con le mandorle vere e tanto miele nell’impasto. Una alzata in ceramica strabordante di noci e arachidi sigilla la conclusione del tutto. Ormai c’è spazio solo per il nocino, naturalmente anche questo fatto in casa come Dio comanda.
… per un’esperienza enogastronomica indimenticabile…
Alla fine, non ne posso più. Silvietta mi guarda preoccupata per la quantità di cibo che ho ingerito. Ma non mi pare di avere esagerato…
Ricapitolando, solo una scodellina di insalata russa, nemmeno un etto di tonno, cinque o sei acciughe, tre pezzi di baccalà, mezz’etto di crescenza con un’arancia, una pera e una ciliegia candite in mostarda, due o tre pezzetti di torrone, una decina fra noci e arachidi… e poi un etto e due di pane, una bottiglia di Lambrusco e 2 bicchierini di nocino. Niente pasta e niente carne, d’accordo. Ma “di magro” non vuol dire “magro”: è questo che ho imparato stasera. Anche Silvietta poi non si è certo trattenuta: ha mangiato meno di me, d’accordo, ma non è certo in forma.
Ce ne accorgiamo tornando verso casa sua, rigorosamente a piedi, quando il freddo della notte ci rende ancor più legati i movimenti.
Giuro, avremmo voglia di fare dell’altro una volta arrivati in camera da letto, ma proprio fisicamente non ce la facciamo. Senza dire nulla, un bacino veloce e via sotto le coperte.
… e l’inevitabile (e gradito) rimedio che mi rimette in sesto.
La mattina, mi alzo alle prime luci del giorno: la bocca impastata, il fisico intorpidito, il morale di un’ameba… Una moka intera di caffè amaro non risolve molto. Mi guardo in giro nella casa che non conosco ancora bene e nel guardaroba di Silvietta, che dorme beata nel lettone, giace semisommerso da vestiti e libri un tapis roulant di ottima marca. Ieri sera, ridendo e scherzando, ho ingollato più di 3000 calorie… Penso che io e questo splendido tapis roulant non ci lasceremo tanto in fretta, oggi. Basteranno due sedute da un’ora e mezza al 75% della mia frequenza cardiaca per tornare quasi come prima.
E il resto del tempo, fino a sera, lo utilizzerò facendo un po’ di coccole a Silvietta, che prima o poi si sveglierà e mi augurerà Buon Natale. Come io lo auguro a tutti voi.
Paolo
Vsb:t