Mentre sto lavorando piuttosto alacremente all’ultima revisione del mio libro (l’editore mi ha detto chiaro e tondo che non intende più pagarmi anticipi se l’opera non viene finita entro un mese), vengo contattato da un altro editore che mi propone una nuova commessa: un romanzo storico incentrato sulla figura di Matilde di Canossa. Costei, intorno all’anno Mille, fu “signora” (oggi si direbbe imperatrice) di Lombardia, Emilia, Romagna e Toscana, dominando questo vasto territorio dal suo piccolo castello di Canossa, sul’Appennino Reggiano. E proprio per una presa di contatto con il territorio di cui fra poco mi dovrò occupare, ecco l’idea per il prossimo sabato: la solita compagnia di gaudenti in trasferta a Reggio Emilia! Non faccio fatica a riempire due macchine di crapuloni che, con la scusa di una gita storica, sono pronti a immolarsi sull’altare della cucina emiliana, più precisamente reggiana.
Una gita “storica” a Reggio Emilia e dintorni
Arrivando in zona nella tarda mattinata, tanto per chiarire subito l’impostazione “culturale” della giornata, la prima preoccupazione non è certo quella di visitare i ruderi del Castello di Canossa o dell’adiacente Castello di Rossena, testimonianze storiche del potere matildico, ma quella di individuare una trattoria che faccia al caso nostro. La troviamo, si chiama “La Casetta”, si può anche mangiare all’aria aperta e il menu completo ha un costo interessante e soprattutto compatibile con le nostre tasche. Affare fatto! Ci sediamo qui e chi ci sposta più?
Erbazzone e gnocco fritto
Una solerte cameriera ci fa accomodare sotto un bel pergolato di glicine e il rito gastronomico ha inizio. Per non fare figli e figliastri, optiamo per il menu completo, sulla fiducia. L’esordio è affidato a una specialità reggiana: l’erbazzone. Si tratta di una torta salata la cui ricetta originale prevede un fondo di pasta ripieno con bietole, cipolla, aglio, lardo, prezzemolo e abbondante parmigiano reggiano, il tutto richiuso con un altro strato di pasta, cosparso di pancetta tritata e cotto in forno. Una porzione generosa fa scattare l’indicatore di calorie ben oltre le 200… ma non è che l’inizio.
Mentre stiamo ultimando la degustazione dell’erbazzone, dalla cucina giunge un invitante profumo di frittura: è il gnocco fritto, che ci sarà servito caldo e fumante qualche minuto dopo. Il gnocco fritto consiste in losanghe di pasta lievitata tirata con il mattarello, nel cui impasto figura in proporzione sensibile anche lo strutto. Queste losanghe vanno poi fritte in abbondante olio bollente, meglio se extra-vergine di oliva. Una specie di “pane” ipercalorico ma gustosissimo, dall’aspetto leggero ma ingannevole, che si accompagna alla perfezione con il salame nostrano, quello non stagionatissimo e con gli “occhi” di grasso un po’ grandi… Cinque fette belle grandi a testa sono 450 calorie circa, che sommate a quelle del gnocco fritto (350) conducono il totale a oltre 1.000 calorie… e siamo soltanto agli antipasti! Ma non è finita: la solerte cameriera ci propone (e noi incauti accettiamo) una ulteriore padellata di gnocco fritto, questa volta servito con i “ciccioli” di S. Martino in Rio. S. Martino in Rio è un paesone della provincia di Reggio Emilia, famoso per i ciccioli di maiale: ritagli magri e grassi della macellazione del suino che si gustano appena essiccati e salati in inverno, ma si possono conservare per tutto l’anno pressati in forme di legno tondeggianti tenute al fresco in cantina.
Solo antipasto e dolce, eppure…
Assaggiati anche i ciccioli con il gnocco, lo ammetto: ho perso il conto delle calorie. Mi guardo attorno e vedo negli occhi dei miei compagni di mangiate quello sguardo un po’ perso che invoca pietà. Nel pomeriggio avremmo dovuto visitare i castelli, ma credo che rinunceremo. La solerte cameriera e l’ignoto cuoco in cucina avrebbero avuto in serbo per noi una gran quantità di cose buone, ma non ce la facciamo davvero più. Ci accontentiamo, si fa per dire, di una generosa porzione di zuppa inglese fatta in casa: molto speciale, anche come calorie, che per la cronaca sono quasi 400 per porzione. Ricapitolando: il triplo antipasto mi ha fatto superare le 1.000 calorie, il dolce mi ha condotto a sfiorare le 1.500. Un vero disastro alimentare. E non ho volutamente conteggiato le calorie del vino, un ottimo Lambrusco DOC apparentemente, solo apparentemente “leggero”. Per fortuna, non ho toccato pane. Comunque, in un solo pasto-merenda (senza consumare pasta o riso, carni non insaccate e, soprattutto, frutta o verdura fresca) ho totalizzato e forse superato il mio fabbisogno calorico giornaliero…
Che fare?
Tornare a casa quanto prima possibile, andare a dormire senza toccare altro cibo: poi domattina al risveglio saprò cosa fare: yogurt magro senza zucchero, caffè, spremuta d’agrumi e tanto esercizio fisico sul mio tapis roulant di ottima marca. Basteranno due sedute da un’ora e mezza al 75% della mia frequenza cardiaca per tornare quasi come prima.
La prossima volta starò attento a non esagerare troppo. E tutte le informazioni su Matilde di Canossa le cercherò su Internet!
Paolo
Vsb:t